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Un’acqua per ogni sete

Un incontro vivo con un giovane vissuto otto secoli fa, come san Francesco d’Assisi, è reso possibile dalle testimonianze di arte e vita di chi, tramite lui, ha creduto che la felicità è possibile.
di Domenico Bartolini


Le gite scolastiche, di norma, sono all’insegna dello “svacco”. Contenti per aver perso una giornata di scuola, senza dover pagare pegno, ci si contende il fondo della corriera, si fuma, si chatta, ci si imbosca, insomma, appunto, si “svacca”. Si gira per la località secondo programma, ci si mette lontano dalle guide e non si vede l’ora di tornare in pullman, per riprendere gli svaghi preferiti. Ma questi ragazzi di terza superiore, che studiano grafica e moda al Bonifazi di Civitanova, e che si muovono per Assisi, sembrano di una pasta diversa. Certo, non tutti, perché ce ne sono diversi dediti alle pratiche di cui sopra, ma la maggior parte sembra stare qui con una ragione, un motivo. Entrano nei luoghi universalmente noti, forse per la prima volta, ma mentre guardano pare che stiano continuando una visita cominciata altrove. Magari proprio nella loro scuola.

Basilica di San Francesco – Assisi (PG)


Questo viaggio nei luoghi di san Francesco, infatti, è nato molto tempo fa, quando le docenti di lettere hanno voluto tradurre le pagine del libro di testo in un’esperienza. Così è nato il progetto “Il gioioso mendicante”, che ha reso familiare ai ragazzi il poverello di Assisi. Accanto al testo famosissimo del Cantico delle creature, agli studenti sono state proposte alcune pagine del romanziere tedesco Louis de Wohl, dove un giovane Francesco di carne e di sangue, appassionato della vita prima e dopo la conversione, fa giustizia dell’immagine – consegnata a noi da tanta pubblicistica – di un giovanotto senza spina dorsale, che passeggia sui tetti per chiacchierare con gli uccellini.
Poi c’è stato l’incontro con fra Damiano, il “guardiano” dei Cappuccini di Civitanova Alta, che è andato a scuola a parlare di san Francesco, e dunque di sé. I ragazzi sono rimasti spiazzati: pensavano di doversi sorbire un bel fervorino sulla pace, l’amore e la fratellanza universale e invece ecco che lui se ne esce dicendo che “Francesco voleva semplicemente e soltanto essere felice”. Un attimo di disorientamento, sguardi che si incrociano, il tempo necessario per mettere a fuoco l’affermazione e parte la raffica di domande. La felicità sta a cuore a tutti, ai santi, ai frati, ai prof, ai ragazzi, e ai poeti: “Se la felicità non esiste, cos’è dunque la vita?”, si chiedeva Leopardi. Ma non sempre la felicità è a portata di mano. Damiano risponde con la vita di san Francesco: “Lui sapeva ascoltare il proprio cuore fino ad accorgersi che le cose che un tempo lo attraevano (ragazze, soldi, feste e bei vestiti) ad un certo punto non lo soddisfano  più;  ciò che gli era amaro gli diviene dolcezza: nel suo cuore era entrata un’altra ‘presenza‘ che lo inquietava, ma al tempo stesso lo attraeva mille volte di più”.


Ed eccoli, i nostri ragazzi, nelle chiese di Assisi, davanti agli affreschi di Giotto e alle tavole dipinte; occhi curiosi che vogliono vedere e toccare quello di cui gli hanno parlato a scuola. Alcuni di loro fanno da guida, hanno studiato i dipinti prima di partire. Gli altri ascoltano e ritrovano le parole di de Wohl e di fra Damiano. “Guardate lo stupore negli occhi di Francesco, quando il crocifisso gli ha parlato a San Damiano”, spiega Elena; “Giotto dà molta importanza alla realtà e la dipinge con molta attenzione, perché Dio si è incarnato nella nostra vita quotidiana”, aggiunge Valentina.
La visita prosegue. I ragazzi sono colpiti dal santo di Assisi e da tutto quello che ha detto e fatto. Però Francesco era Francesco, è vissuto la bellezza di ottocento anni fa, il mondo è cambiato, come si fa oggi a vivere così? Mentre si parla, si pensa, si fuma e si telefona, si arriva al santuario della Spoliazione.

Giotto – L’omaggio del semplice – Basilica di San Francesco – Assisi

Per loro è una sorpresa incontrare il beato Carlo Acutis, un ragazzo morto di leucemia fulminante nel 2006, in odore di santità, proprio nell’anno in cui loro nascevano. Anche lui era rimasto affascinato, come Francesco, da quella misteriosa “presenza” che si dona al mondo attraverso l’Eucarestia (“la mia autostrada verso il cielo”) e che aveva riempito la sua vita e quella del santo.
Tornati a casa, la sera stessa, alcuni chiedono a Google di questo loro coetaneo, che portava i jeans, faceva sport ed era un vero e proprio genio dell’informatica. Si imbattono in una sua affermazione che li colpisce nel vivo, come le parole di fra Damiano: “Tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie”.
Chiedere alla scuola di aiutarli a non morire fotocopie ed essere felici, è forse troppo? • 

Beato Carlo Acutis