In uno dei borghi più belli delle Marche, alcune persone hanno scoperto come vivere oggi la spiritualità francescana. Luca ci racconta come è cominciato questo percorso.
Intervista di fra Fabrizio Cifani
Montelupone è un piccolo borgo di 3500 abitanti, a una manciata di chilometri da Macerata: lo scorso 10 aprile è stata canonicamente eretta una nuova fraternità dell’Ordine Francescano Secolare. Abbiamo incontrato il Ministro, Luca, che è medico anestesista presso l’ospedale regionale, e, insieme a sua moglie, anche il gruppo di famiglie e laici, impegnati in parrocchia, che hanno scoperto la bellezza di vivere il carisma di Franceso e Chiara di Assisi nel mondo.

Come è nata l’idea di creare una fraternità OFS a Montelupone?
Nel 2012, per una difficoltà nell’accompagnamento spirituale dei giovani, come responsabile parrocchiale, chiesi aiuto ai frati cappuccini di Civitanova Marche, in particolare a fra Andrea Spera e fra Sergio Lorenzini. Piano piano con i ragazzi cominciammo a sperimentare la spiritualità francescana e fummo conquistati dalla straordinaria accoglienza, premura e cura nelle relazioni. Questa bella esperienza ci portò a scegliere di approfondire anche noi adulti questo bellissimo carisma. Nel 2016 iniziammo, grazie a fra Fabrizio e Lorenzo Saccà, allora Ministro regionale OFS, ad intraprendere incontri per conoscere in maniera più approfondita questa spiritualità e dal 2017 cominciammo in maniera sistematica incontri settimanali sulla Regola, le Costituzioni dell’OFS e la Parola di Dio, attraverso la lectio divina.

Lo scorso 10 aprile è stata eretta canonicamente la fraternità… un traguardo o una partenza?
La nascita della nuova Fraternità San Leopoldo Mandic (abbiamo deciso di intitolare la fraternità a San Leopoldo Mandic “l’altro Francesco”, perché icona della misericordia e della tenerezza di Dio) è il frutto di un lungo cammino di approfondimento della spiritualità francescana e nello stesso tempo rappresenta l’inizio di un cammino di conversione e missionario.
Scegliere di costituire una fraternità, scegliere di vivere da fratelli in Cristo sull’esempio di Francesco, presuppone la consapevolezza, il desiderio e l’impegno di vivere una conversione quotidiana illuminati dal Vangelo. Significa farsi interpellare quotidianamente dalla Parola nei progetti e nelle scelte concrete. È vero che questo dovrebbe essere proprio di ogni cristiano; ma essere un francescano secolare, far parte di una fraternità, significa aver compreso e sperimentato che davvero è possibile vivere la Parola di Gesù, che davvero questa può diventare la nostra vita, nonostante le tante fragilità che ci accompagnano! Significa che è davvero possibile perdonare, anzi non si può non farlo, altrimenti significherebbe che ci facciamo degli accomodamenti mentali; è davvero possibile essere strumenti di pace e riconciliazione, strumenti di speranza! Francesco ci ha testimoniato che è tutto semplice, se proviamo a vivere il Vangelo! Significa che dobbiamo rinunciare all’orgoglio e abbracciare l’umiltà, significa avere la consapevolezza che siamo pellegrini e forestieri in cammino e che abbiamo bisogno di accogliere la nostra fragilità e quella degli altri. La nascita di una fraternità significa mettersi in cammino, significa accettare una conversione personale e comunitaria quotidiana.
La vostra è una esperienza un po’ particolare: è una fraternità composta da diversi nuclei familiari…
L’entusiasmo francescano dei giovani aveva contagiato anche alcune famiglie, da sempre impegnate in parrocchia: eravamo un gruppo che da anni camminava insieme, nel francescanesimo abbiamo trovato la nostra dimensione spirituale comunitaria, che ci fa crescere anche nel servizio alla nostra comunità parrocchiale.

Cosa vi ha dato negli anni questo percorso?
Oggi, con consapevolezza e gratitudine nei confronti del Signore e di tutti i fratelli e sorelle che ci hanno accompagnato (un grazie grande e sincero alla fraternità OFS di Civitanova) nel corso degli anni, possiamo affermare che abbiamo sperimentato una grazia: quella che inizialmente poteva essere considerata “un’emozione” francescana, rifugio da una vita parrocchiale stanca, è diventata vocazione!
Cosa può dare la fraternità alla parrocchia e alla comunità civile di Montelupone?
Un giorno un carissimo amico frate, durante un incontro, disse una cosa che mi è rimasta nel cuore: “Il cristiano è chiamato ad essere un tubo! Siamo chiamati a far passare attraverso di noi l’amore di Gesù”. È davvero molto bello capire di “essere tubi”, perché scopriamo la vera dimensione dell’essere missionari. Non siamo chiamati a grandi progetti, a grandi realizzazioni; non siamo chiamati a vivere il servizio o a compiere opere buone con profondo desiderio. Siamo chiamati ad essere semplicemente “tubi”, a far scorrere attraverso di noi l’amore di Gesù! Questo è bellissimo, perché ci aiuta a prendere coscienza che l’autore dell’amore è solo Gesù, ci aiuta a non appropriarci del bene che facciamo, ci aiuta a vivere nella santa leggerezza, ci fa capire che il bene va compiuto a prescindere dalle nostre forze, dal sentircelo. Questo è davvero straordinario, perché ci libera dal sentirci inadeguati, dall’orgoglio e nello stesso tempo ci dona pace e leggerezza! Questo è lo stile missionario che ci insegna Francesco. Questo, inevitabilmente, ha ripercussioni anche nella società civile. Come ci invita papa Francesco, siamo chiamati, come cristiani, “a fare politica”. Dico questo, perché a volte sembra che fede e politica siano due cose contrapposte; in realtà, nel momento in cui accogliamo di essere missionari, siamo chiamati non solo ad essere “tubi”, ma anche a mettere le nostre competenze, al massimo delle nostre possibilità, a servizio della comunità civile. Tutto questo, non per ambizione o per perfezionismo, ma perché responsabili del fratello che ci sta accanto, nostro compagno di viaggio. Ogni volta che il fratello è “violato”, ogni volta che il creato è “violato”, siamo chiamati ad essere costruttori attivi di una società migliore, a cominciare dalla nostra parrocchia, dal nostro comune, dal proprio ambiente di lavoro.

Cosa diresti a quei ragazzi che hai accompagnato in questi anni nel cammino francescano?
Credo che soprattutto nel contesto che stiamo vivendo, di post-pandemia, in cui l’individualismo e l’isolamento hanno preso il sopravvento, la cura della relazione proposta dal “cammino francescano” sia una strada stimolante ed affascinante! Sono convinto che la credibilità verso i giovani ce la giochiamo e ce la giocheremo dalla capacità di vivere in maniera autentica la cura dell’altro, l’accettare e accogliere che il fratello è realmente un dono per noi, il rinunciare all’orgoglio per aprire il nostro cuore, farci compagni dello stesso cammino! Tutto questo ha anche ripercussioni pastorali; troppo spesso la Chiesa come istituzione, ma anche noi semplici realtà parrocchiali, ha fatto l’errore di pensare di evangelizzare attraverso articolati progetti, attraverso un’organizzazione perfetta di eventi; la pandemia forse ci ha ricordato e ci ricorda che al centro di tutto ci deve essere la relazione autentica con l’altro. La spiritualità francescana è a maggior ragione attuale e fonte preziosa per ripartire, privilegiando il rapporto personale con i fratelli, piuttosto che la ricerca di grandi numeri.

In questi anni avete anche promosso un “cammino francescano”, che si svolge in giugno; come è nata questa iniziativa e qual era lo scopo?
Credo molto nel “camminare”, nel prendere consapevolezza di essere appunto in cammino. È per questo che da 11 anni, insieme ad altri fratelli proponiamo un “cammino francescano”. Abbiamo attraversato luoghi francescani di Marche, Romagna, Umbria, Lazio e Toscana, con lo spirito di essere compagni dello stesso santo viaggio! Il cammino è uno stare insieme, semplice, senza alcuna pretesa, accogliente, non è una gara podistica, ma è un sapersi aspettare, un saper andare al passo di chi è in difficoltà, è un accogliersi.
La bellezza del camminare insieme sta proprio nel far silenzio entro noi stessi e nello stesso tempo ascoltare quello che il nostro cuore ci dice; è imparare ad ascoltare l’amico che ci cammina accanto e nello stesso tempo aprirgli il nostro cuore; è prendere consapevolezza che il camminare insieme ci permette di superare ostacoli, che da soli risulterebbero insormontabili, e ci insegna la leggerezza, lo stupore, la condivisione e a non aver pretese.
Durante il percorso celebriamo la Messa, facciamo una breve riflessione mattutina, ma la vera catechesi è il cammino stesso. San Francesco consigliava ai suoi frati, ma anche a ciascuno di noi, di vivere il Vangelo, e parlare solo se necessario!. •