I Frati minori seppero contrastare dal ’400 in poi la piaga dell’usura con l’idea innovativa dei Monti di Pietà. Veri maestri di spiritualità, seppero coinvolgersi in ogni ambito umano, quindi anche nell’economia.
Intervista a Paolo Evangelisti*
I Monti di Pietà furono proprio una risposta innovativa alla piaga dell’usura che, a partire dalla seconda metà del ’400, i figli di San Francesco cercarono di contrastare? All’interno di questa domanda c’è una parte importante di verità storica e, insieme, la reiterazione di uno stereotipo storiografico. I Frati minori ebbero in effetti la capacità di pensare, progettare e proporre un’istituzione innovativa che interveniva nel mercato del credito al consumo dell’epoca. Il loro successo fu lampante e riassunto da un numero: 215 Monti creati nel solo primo secolo di vita di quelle istituzioni. Il loro progetto seppe convogliare in quelle prime banche pubbliche il denaro dei cittadini e delle istituzioni urbane per metterlo a disposizione dei “pauperes pinguiores”, i poveri meno poveri. Accanto a questo dato, a questo successo incontrovertibile, va ricordato che, dietro quella che viene definita come “piaga dell’usura”, c’era in realtà un mondo, una serie di reti di credito variamente gestite anche da persone di fede ebraica, dunque tecnicamente da “stranieri” legalmente operanti all’interno delle “civitates” dell’epoca. Era su questo circuito sfaccettato, e per certi versi “anarchico”, che intervennero i Frati osservanti. Essi provarono a sostituirlo con la “loro” istituzione di solidarietà per i cittadini.

Ma cos’erano e come funzionavano concretamente i Monti di Pietà?
L’intuizione francescana fu quella di istituire dei luoghi pubblici nei quali i poveri meno poveri, oggi diremmo i solvibili, potevano chiedere dei prestiti dietro la presentazione di un pegno che poi poteva essere riscattato o incamerato dal Monte se il debitore non ce la faceva. C’era insomma anche una pedagogia dell’impegno reciproco che sosteneva questo circuito virtuoso. Si costruì così una rete di solidarietà creditizia intra-cittadina che era l’idea forza del Monte: un cumulo di denaro buono, raccolto tra i benestanti e dai capitali pubblici, messo a disposizione dei cittadini in difficoltà ad un tasso minimo o pari a zero. Nelle prediche dei frati dell’epoca il Monte si stagliava visibilmente contro la “voragine dell’usura”, cioè in opposizione al denaro prestato da operatori privati, arbitri del tasso di interesse e potenziali sequestratori del circolante che avrebbero usato per soli fini privati. Furono i Minori ad inventare queste istituzioni e a trasformare questa idea in “mattoni” con i quali si edificarono concretamente quegli sportelli bancari.

Quale fu la ragione storica della fioritura dei Monti di Pietà soprattutto in certe zone dell’Italia centrale e non in altre, pur popolate da conventi francescani?
È un quesito sul quale la ricerca sta ancora interrogandosi, ma alcuni punti fermi ci sono. Da una parte l’Italia centro-settentrionale è l’Italia con maggior intensità di attività finanziaria e con maggior necessità di disporre di circolante, una carenza strutturale dei secoli XIV-XVI. Dall’altra non esistevano, come ad esempio a Barcellona e a Valencia, banchi pubblici e mercati del credito già sviluppati, capaci di essere efficaci e sostenibili anche per coloro che avevano semplicemente bisogno di credito al consumo. Il costo del denaro era obiettivamente molto più basso in quei territori iberici, perché funzionò molto bene il mercato secondario dei titoli di credito pubblici controllato dalle élites cittadine di provata fede cristiana. Un mercato che i francescani catalani consideravano legittimo, seppur da monitorare nelle sue ricadute economiche.

Ritiene che nel contesto attuale si potrebbero attuare strumenti di credito simili a quelli dei Monti di Pietà?
La necessità di mettere in campo misure anche monetarie per combattere le disuguaglianze crescenti che lacerano la società attuale è incontrovertibile. Il rischio è che questa constatazione si trasformi in un mantra che rimbalza sulla sua eco. Il pensiero economico dei Minori nasceva anche da un’intuizione ben chiara: occorreva aprire progressivamente l’accesso dell’agire economico a strati crescenti di popolazione, attuando una vera e propria alfabetizzazione in questo campo. Non a caso Bernardino da Siena nel 1427 chiederà alla sua città di istituire uno Studio che insegni “l’arte del mercatare”, condividendo poi quella conoscenza non solo “fra i mercatanti”, ma “fra tutta la res publica”. Cinquant’anni prima, un francescano catalano, Francesc Eiximenis, chiedeva ai governanti del Regno di Valencia – dei quali era fidato consigliere – di mettere nel bilancio pubblico una voce di spesa che prevedesse l’erogazione di denaro a giovani affidabili, cioè leali con la res publica, affinché imparassero a gestirlo. Eppure lo stesso frate ribadiva la necessità di mantenere un pareggio di bilancio tra le entrate e le uscite, pena l’indebolimento della stessa forza politica di quella comunità. Tradotto nel linguaggio di oggi: egli affermava l’utilità di un matrimonio che teneva insieme azioni mirate e controllate di incentivazione sociale con un’economia politica di “conti in ordine”.
La coesione della società non passa da misure assistenziali, ma dal varo di strumenti di inclusione pro-attiva, da misure di riconversione di utilità e di saperi. Un’immagine può valere più di mille grafici: da mesi 26 dipendenti della Swiss International Air Lines, atterrati dal Covid-19, lavorano full-time per il suo tracciamento. In Italia milioni di persone inattive, purtroppo, potrebbero essere non “utilizzate”, ma coinvolte in progetti di rafforzamento del tessuto sociale e civile. Molte debolezze strutturali del Paese potrebbero essere monitorate e “curate” con l’aiuto di queste persone. Ognuna di esse, con la sua qualifica ed il suo talento, potrebbe dare una mano. Ed essere ricompensata.
I Monti di pietà avevano un loro logo – altro elemento di straordinaria modernità – impresso sui loro stendardi, ovvero una frase tratta dal vangelo di Luca che ci narra la parabola del Buon Samaritano: Abbi cura di lui. Per questo scopo il Samaritano, quando deve partire, consegna una somma di denaro al taverniere, non gli chiede di prendersi cura del ferito, dando per scontata la sua disponibilità.
La cura come valore, il prendersi cura dei beni comuni, indispensabili alla vita di ciascuno, al solvibile come all’insolvibile, potrebbe rappresentare l’idea forza, civile ed economica, per convertire la crisi attuale da pericolo ad occasione. Su questo obiettivo potrebbero impegnarsi anche i Frati minori, con le loro sensibilità e mettendo a frutto un sapere che, come abbiamo visto, è autorevole, solido e viene da lontano.•

Medievista, docente alla Pontificia Università Antonianum e all’Istituto Teologico di Assisi, e presso diversi dottorati di ricerca, l’autore ha studiato da vicino il ruolo dei Frati minori nella società di quel tempo. Tra le sue monografie: I Francescani e la costruzione di uno Stato. Linguaggi politici, valori identitari, progetti di governo nella Corona catalano-aragonese, Padova 2006; Il pensiero economico nel Medioevo, Roma 2016, e Vide igitur, quid sentire debeas de receptione pecuniae. Il denaro francescano tra norma e interpretazione (1223-1390), Spoleto 2020.
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