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La compassione per il prossimo


I beni da riconsegnare a Dio sono quei beni che diventano sostegni donati alle fragilità del prossimo, in aiuto e sostituendosi alla sua debolezza e povertà. Tutti i beni, che possono essere regalati come sostegno, si riassumono per Francesco in una parola: la misericordia.
di fra Pietro Maranesi

Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo per la sua fragilità, in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile (cf. Gal 6,2). Beato il servo che restituisce tutti i beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualche cosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio (cf. Mt 25,18), e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere (cf. Lc 8,18).
Ammonizione XVIII

Anche in questa Ammonizione ritorna il binario parallelo dei due termini a confronto. Qui però Francesco abbandona la figura retorica delle due vie, l’una positiva l’altra negativa (beato-guai), per assumere quella della doppia affermazione positiva: beato-beato. La dinamica parallela e convergente stabilita tra i due brevi versetti ha il suo centro propulsivo nei due verbi di partenza, correlati ad uno stesso soggetto che si rapporta a due diverse situazioni: “Beato l’uomo che offre un sostegno al suo prossimo” (v. 1) e “Beato il servo che restituisce i beni al Signore” (v. 2). A me sembra che i due momenti non siano tra loro giustapposti, bensì costruiscano aspetti supplementari di un cammino sapienziale proposto da Francesco ai suoi frati. Tuttavia, l’ordine tra i due versetti dovrebbe essere invertito: il “servo” di Dio restituisce al Signore i suoi beni (v. 2) quando da “uomo” offre se stesso al fratello in difficoltà (v. 1). Articoliamo questa ipotesi interpretativa. Partiamo innanzitutto dal versetto 2. La prima e fondamentale vocazione dell’uomo è essere “servo di Dio”, identità che si esplica in particolare nel modo di gestire (per servizio e senza appropriarsi) i “beni” di cui si dispone (materiali e spirituali). La questione del non appropriarsi dei beni, aspetto che abbiamo già tante volte incontrato nelle Ammonizioni precedenti, qui viene ad essere esplicitata ed arricchita ulteriormente mediante l’uso di un verbo strategico per Francesco: “restituire”. Il servo è colui che, consapevole di non essere proprietario di quanto ha, restituisce tutti i suoi beni al suo Signore. Un uomo che vive i suoi beni “da servo” e non da padrone, senza appropriarsene, senza farne, cioè, motivo di dominio e prestigio sugli altri, ma riconsegnandoli a Dio riconosciuto come loro fonte, è un uomo libero dall’ansia di concorrenza e di prestazione; egli, vivendo da servo, vivrà “beato” perché quei beni non saranno mai fonte di affanno per ottenere riconoscimento e stima, o di paura e violenza per doverli difendere e non rischiare di perderli.


Nelle Ammonizioni precedenti abbiamo già spesso ascoltato questo linguaggio di Francesco nel richiamare al rischio dell’appropriazione dei beni, atteggiamento che renderebbe il denaro “sporco”, incapace, cioè, di creare vera ricchezza per la vita dell’uomo e fonte di condanna finale perché rubato e nascosto invece che donato e restituito. Nella nostra Ammonizione, però, si aggiunge un’importante specificazione sulle modalità concrete della restituzione dei beni a Dio. Tale atto non è semplicemente da identificare con una serie di atteggiamenti psicologico-spirituali, quali l’assenza di un moto di orgoglio e superbia nel gestire quei beni, o la presenza, al contrario, di un sentimento di lode di Dio per quanto si è ricevuto, così da innalzare a lui ringraziamenti e offerte sacre. La restituzione a Dio non è innanzitutto o esclusivamente un atto religioso, ma primariamente un atto di solidarietà e condivisione con i fratelli nel bisogno. Il “servo” restituisce a Dio i suoi beni quando da “uomo” si prende cura delle “fragilità” degli altri, offrendo con gratuità e generosità i suoi beni.
In questo contesto, penso si possa introdurre una specie di ossimoro per sintetizzare l’operazione commerciale proposta da Francesco nel rapporto tra i due verbi centrali in questa Ammonizione (offrirsi ai fratelli/restituirsi a Dio) ma presenti indirettamente anche nelle altre: il servo di Dio riconsegna tutto (omnia) a Dio, mediante un moto circolare di riconoscimento della sua signoria, quando, per moto lineare, si dona con gratuità e generosità completamente (omnia) agli altri. In qualche modo nella proposta di Francesco si assiste ad una “circolarità lineare” della visione spirituale-materiale di Francesco: una restituzione di sé a Dio che avviene nel momento in cui l’uomo si consegna alle fragilità dei fratelli.


A questa possibile relazione tra restituzione a Dio e offerta di sé ai fratelli, occorre aggiungere un’altra annotazione che, a mio avviso, rappresenta la definitiva articolazione del rapporto tra i due verbi strutturanti il nostro testo.
Se l’offerta di sé alla fragilità dei fratelli costituisce la modalità concreta di riconsegnare a Dio i suoi beni, la precisazione di come vada pensato questo dono di sé diventa un passaggio di estremo rilievo per illuminare anche la natura della restituzione a Dio. Se il servo di Dio effettua una vera restituzione a Dio, attuando un’autentica offerta di sé alle fragilità dei fratelli, allora il problema si sposta sulla modalità di attuare questa relazione con i bisogni dei fratelli. La risposta, articolata dal Santo nel versetto 1, ha due momenti. Innanzitutto, la questione è illuminata da Francesco attraverso una specie di metafora: l’offerta di sé significa diventare «un sostegno al suo prossimo per le fragilità» (v. 1). Le “fragilità” sono tutte quelle situazioni nelle quali si evidenzia la debolezza dell’uomo, a motivo dei bisogni sia fisici che morali: situazioni che tolgono all’uomo l’autonomia e la forza di andare avanti con libertà e serenità sulla via della vita. Il “sostegno” da offrire al prossimo nella sua fragilità significa allora diventare un uomo che dona una “spalla” a colui che gli è vicino e sta cadendo, che dona cioè quella forza che l’altro, suo prossimo, non ha più. Infatti, si dona ai “miseri” la cosa più preziosa che si ha e che unica può donare un vero sostegno alla vita: “il cuore”. Restituire a Dio il “cuore” quale “sacrificio di lode” significa donarlo ai “miseri” colpiti al cuore dalla vita, e tale “sostegno” costituisce l’unica possibilità di donare loro nuovo spazio e tempo di vita, nuova speranza e possibilità di rimettersi in cammino; si potrebbe dire che avviene una specie di “trapianto di cuore”: quello ferito a morte viene sostituito da quello donato per amore.


A questo punto scatta l’altro aspetto sottolineato da Francesco, quello per lui, forse, più importante e decisivo, perché con esso si determina il criterio per giudicare bene quali debbano essere la modalità, i tempi, la misura con cui regalare sé stesso al prossimo, diventando per lui una spalla di misericordia su cui appoggiarsi. Il metodo è tanto generale quanto efficace: offrire un appoggio «in quelle cose in cui vorrebbe essere sostenuto da lui, se si trovasse in un caso simile» (v. 1). È questa la “regola d’oro” di Francesco utilizzata dal Santo almeno altre sei volte nei suoi testi (Cf. Rnb IV,4-5; Rnb VI,2; Rnb X,1; Rb VI,10; 2LetFed 43; LetMin 17). Ne riportiamo un solo passaggio, forse il più significativo: «E colui al quale è demandata l’obbedienza e che è ritenuto maggiore, sia come il minore e servo degli altri fratelli, e nei confronti di ciascuno dei suoi fratelli usi ed abbia quella misericordia che vorrebbe fosse usata verso di lui, qualora si trovasse in un caso simile. E per il peccato del fratello non si adiri contro di lui, ma lo ammonisca e lo conforti con ogni pazienza e umiltà» (2LetFed 42-44). Senza poter fare un commento preciso di questo testo magnifico, riassuntivo di tutta la visione cristiana di Francesco, facciamo una prima semplice considerazione: la misericordia a cui è chiamato il “maggiore” nei confronti del “minore” in difficoltà deve evitargli di cadere nell’ira per farlo restare ancorato nella pazienza e nell’umiltà. Insomma, troviamo in questo testo tutti i termini che spesso abbiamo incontrato, intrecciati tra loro mediante la parola evangelica base dell’esperienza di Francesco: la misericordia. Ma cosa sia la misericordia per Francesco è detto attraverso lo stesso principio utilizzato nella presente Ammonizione per descrivere come debba essere il sostegno da dare al fratello nelle sue fragilità.
Il meccanismo è quello della sostituzione, secondo quell’esperienza probabilmente vissuta da Francesco tra i lebbrosi: per fare misericordia occorre entrare nella condizione dei miseri, per capire da dentro la loro sorte e quali siano i loro bisogni. Così avvenne tra i lebbrosi: per fare misericordia con essi era dovuto diventare egli stesso lebbroso. •