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Invitati al banchetto di Nozze dell’Agnello


Giunti all’altare nel nostro percorso simbolico dalla terra al cielo, prendiamo maggiore consapevolezza che il pellegrinaggio della nostra vita si compie nella casa del Padre, al banchetto che vedrà riuniti tutti i figli di Dio in comunione piena, tra loro e con Dio Padre.
di fra Giuseppe Settembri


“Beati gli invitati alla Cena dell’Agnello”, dice il sacerdote nella messa quando mostra ai fedeli il pane consacrato prima di distribuire la comunione. Poiché la Cena alla quale si fa riferimento è il “banchetto di nozze dell’Agnello” (Ap 19,9), nell’Eucaristia noi, entrati in dialogo con lo Sposo divino attraverso la liturgia della Parola che si svolge presso l’ambone, mediante la Preghiera eucaristica siamo elevati nella Gerusalemme celeste, giungiamo davanti al Padre e, accostandoci all’altare per la comunione eucaristica, partecipiamo al banchetto di Nozze dell’Agnello di Dio con la Chiesa sua Sposa.
Nella preghiera di dedicazione l’altare è chiamato “pietra preziosa ed eletta” in quanto simbolo di Cristo, che per noi è “altare, Agnello e sacerdote” (Prefazio pasquale V), “pietra viva” (1Pt 2,4) e “pietra angolare” (Mt 21,42) su cui viene edificata la Chiesa fatta di “pietre vive” (cfr. 1Pt 2,5). Le Premesse al rito della dedicazione dell’altare ricordano che «se vero altare è Cristo, capo e maestro, anche i discepoli, membra del suo corpo, sono altari spirituali, sui quali viene offerto a Dio il sacrificio di una vita santa». Allora, nel simbolo dell’altare possiamo intravedere l’intima comunione tra Cristo, che offre sé stesso al Padre, e la Chiesa, che si unisce al sacrificio di Cristo.

altare, sant'Ambrogio, Milano
Altare, Sant’Ambrogio, Milano


L’etimologia latina dell’altare ci può orientare a focalizzare meglio le sue caratteristiche fondamentali. Il termine «altare» è composto dall’aggettivo o participio «alta» e dal sostantivo «ara»: «ara», derivante dal verbo arere che significa «ardere, bruciare», indica il «luogo del fuoco» dove viene bruciata la vittima sacrificale; «alta» può derivare sia dal participio del verbo alere che significa «nutrire» e indica il «luogo del nutrimento», sia dall’aggettivo altus/a/um che indica una «struttura alta». Quindi, partendo dall’etimologia latina, l’altare può essere considerato come: a) «ara» sulla quale viene offerto il sacrificio; b) «mensa» alla quale ci si nutre; c) «struttura alta» che orienta al cielo.
a) L’altare è l’“ara”, cioè il luogo dove Cristo offre il suo sacrificio, ma anche il luogo sul quale i cristiani, unendosi strettamente a Cristo, offrono sé stessi al Padre. L’eventuale presenza delle reliquie dei martiri o dei santi sotto l’altare ricorda ai fedeli che, insieme a Cristo, altare è la Chiesa edificata su di Lui pietra angolare, quella Chiesa-Corpo che si unisce al sacrificio del Capo. La croce collocata sull’altare o accanto ad esso è segno dell’amore che ha spinto Cristo a salire sulla croce per donare la vita alla Chiesa sua Sposa. Così «guardando la Croce vediamo il memoriale dell’amore di Cristo per la Chiesa sua sposa» (Benedizionale, n. 1340). Con una bella immagine si può dire che l’altare è «il talamo, il luogo delle nozze, il luogo nel quale si mescolano la carne di Cristo e la carne della Chiesa» (C. Militello), è «il luogo in cui costantemente si compiono le nozze fra Cristo e la sua Chiesa» (O. Casel).

Altare, Corpus Domini a Bologna


b) L’altare è la “mensa” del convito eucaristico, attorno alla quale tutti i figli di Dio sono convocati per rendere grazie al Padre e nutrirsi del corpo e sangue di Cristo. La caratteristica di mensa è evidenziata in modo particolare dalla presenza di almeno una tovaglia bianca con cui l’altare viene ricoperto. In virtù della comunione con Dio in Cristo e nello Spirito Santo mediante il sacramento dell’Eucaristia, l’altare diventa «fonte di unità per la Chiesa», di carità e concordia tra i suoi membri, come emerge dalla preghiera di dedicazione in cui si chiede: «Sia fonte di unità per la Chiesa e rafforzi nei fratelli, riuniti nella comune preghiera, il vincolo di carità e di concordia».
c) L’altare è una “struttura alta” che orienta all’«altare del cielo» (Preghiera eucaristica I), poiché in esso si celebra il sublime mistero che congiunge la terra al cielo. L’altare è: il «segno del banchetto celeste», il luogo per eccellenza dell’azione di grazie che anticipa la liturgia del cielo, il «confine tra il cielo e la terra» (Germano di Costantinopoli), il «luogo del cielo squarciato» (J. Ratzinger), la «scala tra cielo e terra» (P. Sorci). L’eventuale presenza del ciborio – una struttura costituita essenzialmente da un cubo (definito dalle quattro colonne) sormontato da una cupola per significare il cielo sopra la terra – evidenzia il collegamento tra la terra e il cielo. La comunione tra terrestre e celeste è espressa anche dalla relazione dell’altare con la parete di fondo (l’abside) che è figura del cielo, della Chiesa celeste che accoglie l’assemblea terrestre, del grembo del Padre che nel suo Figlio accoglie tutti i suoi figli.

Altare, S Lorenzo al Verano in Roma


Un altare in pietra naturale e di forma quadrangolare-cubica costituirebbe una chiara sintesi degli aspetti sopra evidenziati. Come spiega Simeone di Tessalonica, «la mensa è quadrata, perché da essa si sono nutrite e sempre si nutriranno le quattro parti del mondo; alta e rivolta verso il cielo, perché il suo mistero è alto e celeste e del tutto trascendente la terra». La Nota pastorale della CEI su L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica prescrive al n.17: «Per evocare la duplice dimensione di mensa del sacrificio e del convito pasquale, in conformità con la tradizione, la mensa del nuovo altare dovrebbe essere preferibilmente di pietra naturale, la sua forma quadrangolare (evitando quindi ogni forma circolare) e i suoi lati tutti ugualmente importanti». La pietra naturale manifesta Cristo come “pietra angolare” (Mt 21,42) sulla quale viene edificata la Chiesa fatta di “pietre vive” (1Pt 2,5). Il cubo, che è un quadrato elevato a potenza, con le sue sei facce (est, sud, ovest, nord, zenit, nadir) esprime più chiaramente: a) la comunione “verticale” con la SS. Trinità; b) la comunione “orizzontale” tra tutti i popoli della terra che si nutrono al medesimo altare; c) la “forma” della Gerusalemme celeste in cui la lunghezza, la larghezza e l’altezza sono uguali (cfr. Ap 21,16).
In relazione con l’altare è anche il luogo della custodia eucaristica (tabernacolo). Il culto eucaristico al di fuori della Messa, infatti, deriva dal sacrificio eucaristico e ad esso conduce nuovamente. Lo spazio riservato alla custodia eucaristica è considerato un «luogo architettonico veramente importante, normalmente distinto dalla navata della chiesa, adatto all’adorazione e alla preghiera soprattutto personale» (La progettazione di nuove chiese, n. 13). Questo spazio ricorda ai fedeli sia la presenza del Signore da adorare, anticipando e pregustando il paradiso, sia i fratelli infermi e morenti da amare.

Altare, Cattedrale di Alba


Giunti all’altare-abside nel nostro percorso simbolico dalla terra al cielo, prendiamo maggiore consapevolezza che il pellegrinaggio della nostra vita si compie nella casa del Padre, alla mensa celeste delle Nozze dell’Agnello, al banchetto che vedrà riuniti tutti i figli di Dio in comunione piena, e sperimentiamo che in ogni celebrazione eucaristica pregustiamo sulla terra questo banchetto celeste e alimentiamo la vita divina in noi, diventando sempre più ciò che siamo in germe, ossia la Chiesa “sacramento della comunione trinitaria”: “Popolo di Dio in cammino”, “Corpo e Sposa di Cristo” e “Tempio dello Spirito Santo”. In questa comunione – che ha la sua origine, la sua forma esemplare e il suo compimento nella Trinità – consiste la vera bellezza che la Chiesa è chiamata a manifestare al mondo.
A conclusione delle nostre riflessioni sulle chiese come manifestazione della Chiesa, possiamo imparare a rispondere a tutti coloro che ci chiedono “Chiesa, cosa dici di te stessa?” non tanto con una risposta dottrinale, quanto soprattutto con l’invito di Gesù “venite e vedrete”, poiché nell’assemblea liturgica che vive l’esperienza della comunione con Dio e con i fratelli si può vedere la vera immagine della Chiesa, quell’immagine che dovrebbe restare impressa nelle pareti della chiesa. •